🔴 NON SI DEVE PIÙ MORIRE DI LAVORO: TANTOMENO DI SCUOLA. 28 GENNAIO INSIEME A STUDENTI E DOCENTI CONTRO L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

📌 La morte di Lorenzo Parelli a Udine ci ha colpito profondamente: un giovane avviato precocemente al lavoro, in un’azienda dove evidentemente erano assenti sia i controlli per la sicurezza che il tutor responsabile dell’attività, per fare un’esperienza di lavoro che si è rivelata fatale.

Una tragedia che si aggiunge alle centinaia di morti all’anno, con una media di circa tre-quattro morti al giorno, che funesta le famiglie del nostro Paese con una strage continua provocata dalla forsennata e insensata caccia al profitto.Anche Lorenzo è morto mentre svolgeva l’ultimo giorno di stage in un’azienda metalmeccanica in tutta insicurezza, come la stragrande maggioranza di lavoratori e lavoratrici nel nostro Paese.

Lo stage fa parte dei percorsi di Formazione Regionale chiamati Alternanza Scuola-Lavoro (poi recepita dalla legge 107 della “Cattiva Scuola”, poi mascherata con la definizione Percorsi per Competenze Trasversali e Orientamento -PCTO).

L’idea di “avviare al lavoro” con stage, tirocini, percorsi di orientamento ha due logiche complementari: da una parte quella di fornire manodopera giovane da addestrare direttamente in azienda (gratuitamente o con rimborsi ridicoli); dall’altra quella di plagiare ideologicamente i giovani mostrando loro un marcato del lavoro fondato sull’essere sempre disponibili e flessibili (per orari, mansioni, salari) e affidabili per l’azienda (niente rivendicazioni pretenziose, miglioramenti contrattuali che pesano sulla concorrenzialità, garanzie sulla sicurezza troppo costose per le aziende).

La morte di Lorenzo interroga non solo i percorsi di formazione professionale regionali (che si vorrebbero estendere dappertutto, magari reintroducendo pure le ‘gabbie salariali’), ma anche l’intero sistema dell’istruzione pubblica (che si vorrebbe spezzettare in venti sistemi regionalizzati, con l’autonomia differenziata): introdurre la logica aziendalistica del profitto e della concorrenza nelle scuole, di fatto stravolgendo il diritto costituzionale allo studio per tutte/i le/i cittadine/i è una genuflessione ormai insopportabile alla borghesia padronale che, da più di trent’anni a questa parte, ha imposto nel nostro Paese e sul piano internazionale il primato dell’economia capitalistica nella sua forma più pura e feroce del liberismo egoistico, individualista, antisociale e antipopolare.

La scuola è stata piegata alle logiche del mercato globalizzato e all’aziendalismo della concorrenza, provocando una descolarizzazione e una caduta della qualità dell’istruzione e un’esplosione di attività extracurricolari che stanno impoverendo il livello di conoscenza (e perfino di competenze) delle giovani generazioni. La stragrande maggioranza della classe politica italiana (in modo bipartisan: il Partito Democratico e il centrosinistra quanto le destre) è stata prona agli immediati interessi padronali (privi di qualsiasi lungimiranza e progettualità per la nostra società), declinati in chiave sia nazionalistica che europeista, e accettando di portare il Paese ad una rapida deindustrializzazione, smantellando non solo il sistema di istruzione pubblico, ma anche il sistema universitario e la ricerca.

L’effetto è una caduta nella collocazione della divisione internazionale della produzione e del lavoro: da potenza industriale l’Italia è ormai una semi-colonia, terreno di caccia per multinazionali e speculazione internazionale, con la svendita di impianti, territori, ambiente, lavoratori e lavoratrici.

È assolutamente necessario invertire la tendenza e restituire al lavoro, alla scuola, a università e ricerca prospettive di rinnovamento fondate sugli interessi della collettività e soprattutto a tutela delle classi più deboli.

Occorrono investimenti imponenti per una nuova ricostruzione sia materiale (edilizia scolastica, pronto soccorso territoriali, edilizia popolare per rispondere ai bisogni abitativi) che intellettuale, garantendo il diritto allo studio e alla formazione in piena sicurezza e per i bisogni delle nuove generazioni, non per i profitti sempre più grondanti del sangue di lavoratori e lavoratrici.

Chiediamo di cancellare l’ASL/PCTO, innalzando l’obbligo scolastico a 18 anni per tutte/i e predisponendo attività di tutoraggio professionale nelle scuole stesse, sotto il diretto controllo del Ministero dell’Istruzione Pubblica con la finalità di una vera e certa preparazione professionale e non dell’addestramento allo scopo di spremere più possibile profitto anche negli stage.

Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Pisa

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