A. Corti: “Per unire la sinistra servono segnali di vera discontinuità”

da Il Tirreno del 29 settembre 2015intervista-tirreno-1

Intervista ad Andrea Corti,  Segretario Provinciale della Federazione di Pisa del

Partito della Rifondazione Comunista

“Per unire la sinistra servono segnali di vera discontinuità”

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L’italia #cambia davvero, il refrain cinguettato ai quattro venti, rischia di diventare la colonna sonora più appropriata della fase che stiamo attraversando. L’Italia sta cambiando, non ci sono dubbi, peccato che il cambiamento sia unidirezionale: verso il basso”. Andrea Corti è il nuovo segretario provinciale di Rifondazione comunista. Ma si può parlare di una riconferma, visto che succede a se stesso. Dalla situazione nazionale a quella locale si (ri)mette alla guida di un partito alle prese con una domanda che riguarda anche altri movimenti: cosa fa la sinistra? Come si contrappone ai Renzi da una parte ed ai Salvini dall’altra? Come intende rapportarsi alle amministrazioni locali alle prossime elezioni?

Corti, il suo pensiero sul governo Renzi è chiaro…

Vedo un’Italia già cambiata profondamente per chi ha subito in maniera devastante l’insieme dei provvedimenti sulle pensioni, sul lavoro, sull’assetto istituzionale, sulle privatizzazioni striscianti, sulla scuola, sulla sanità, sulla casa. L’Italia invece non è cambiata affatto per chi si è sempre sostenuto nel capitalismo di relazione (definizione di Renzi), l’Italia delle conventicole, dei privilegi, delle corruttele, degli intrecci politico-economico-finanziari”.

Non salva proprio niente? Non intravede almeno uno sforzo di cambiare il sistema?

Al contrario. Il premier è protagonista dell’ennesima riorganizzazione del sistema capitalistico, chiamiamola “neoliberismo”, che è stata assecondata negli anni passati dal nostro centrosinistra, centrosinistra che aveva messo le ruotine alla bicicletta del neoliberismo con i primi provvedimenti sulle liberalizzazioni e privatizzazioni a cui Berlusconi, Monti ed i governi delle larghe intese hanno fatto muovere in sicurezza i primi tratti e che Renzi, rimuovendo anche le ruotine, ha lanciato in una corsa senza freni”.

Di fronte a tutto questo si prospetta, come contrapposizione, la costituzione di un soggetto unitario di sinistra: ci crede?

Per rendere credibile una proposta politica di questo tipo ci sarebbe bisogno di consapevolezza critica soprattutto da parte di chi, in un recente passato, ha contribuito in qualche maniera a serrare i bulloni delle ruotine della bicicletta, magari illudendosi che con le ruotine quella bicicletta non potesse andare troppo lontano”.

Un messaggio a Sel: la pensa così anche per le questioni locali?

Leggo di richieste di un gruppo consiliare unico di opposizione alla giunta Filippeschi. Nello specifico, è opportuno ricordare che a Pisa, soltanto due anni fa, noi ci siamo presentati con una proposta di alternativa di sinistra per l’amministrazione della città, SEL nella coalizione di Centro-sinistra, una ricomposizione unitaria dovrebbe quindi evitare scorciatoie da “addetti ai lavori”, ma sarebbe invece indispensabile ricominciare davvero a tessere un lavoro collettivo e pubblico su discriminanti programmatiche realmente alternative al modello socio-economico imposto dal capitalismo del terzo millennio e pedissequamente assecondato dalla Giunta Filippeschi. Se condividiamo, quindi l’analisi sulla deriva neoliberista del governo centrale sembra evidente che anche l’area di governo locale ha sinceramente pochissimi elementi di praticabilità non soltanto perché l’ autonomia politica degli enti locali è quasi annullata dai provvedimenti imposti a livello nazionale, ma anche e soprattutto perché qualsiasi forza politica o soggetto unitario che si richiami all’alternatività rischierebbe di essere poco comprensibile usando due pesi e due misure a livello nazionale e a livello locale.

Ma non siete preoccupati dopo l’esito del voto regionale? Come pensare di recuperare elettori? L’esito delle elezioni regionali se pur confortante per aver eletto due consiglieri, ha tuttavia evidenziato non soltanto una preoccupante perdita in voti assoluti, evidentemente condizionata dalla progressiva dinamica astensionista, ma anche una particolare “geografia” del voto. Un voto, quello dell’Altra Europa e della lista Sì, sempre più concentrato in quello che oggi viene chiamato eufemisticamente “ceto medio riflessivo” e sempre meno diffuso tra i ceti popolari. Ovvero quelle fasce di popolazione che più di altre avrebbero bisogno di rappresentanza e tutela. E’ evidente quindi che una proposta coerentemente alternativa al modello che ha sempre più impoverito queste fasce di popolazione debba concretizzarsi in azioni concrete. A questo proposito è di questi giorni l’adesione convinta e l’impegno di Rifondazione Comunista alla campagna referendaria promossa dal Comitato per la Sanità Pubblica per l’abolizione della nuova legge regionale sulla sanità che, nelle sue declinazioni, contribuisce ulteriormente all’approfondimento di diseguaglianze e alla privazione del carattere universalistico del diritto alla salute.

Cosa pensa della giunta Filippeschi e del Pd pisano? Su questo punto parlano chiaro gli anni di netta opposizione che abbiamo esercitato sia in consiglio comunale che provinciale. A noi sembra del tutto evidente che giunta e partito democratico a Pisa si siano sempre più caratterizzati nel sostenere un modello di sviluppo improntato alla sopravalutazione degli interessi privati soprattutto per quanto riguarda infrastrutture e urbanistica. Come non ricordare a tale proposito la vicenda dei terreni Ikea e la battaglia a tutela dell’interesse pubblico che il nostro consigliere Maurizio Bini sostenne in consiglio comunale e non solo. Un modello plasticamente rappresentato dagli scheletri desolanti delle due “torri di Bulgarella”, che fanno da contraltare alla modesta attenzione nei confronti delle emergenze sociali prodotte anche sul nostro territorio da anni di crisi economica.

Come vi muovete in previsione delle elezioni (se non è troppo presto) e comunque in vista delle tornate elettorali prossime a Vecchiano e Cascina? Nei due comuni siamo stati in maggioranza nelle ultime legislature e sicuramente prima di qualsiasi ulteriore passaggio sarà necessario affrontare un bilancio schietto sull’attività delle due amministrazioni e sul ruolo da noi esercitato. Non nascondo, tuttavia, le criticità che ho espresso precedentemente sulle condizioni per partecipare ai governi locali, ma vorrei anche sottolineare fin da ora la necessità di segnali di discontinuità profonda con le politiche del governo centrale a partire quantomeno dalla deroga al patto di stabilità per quanto riguarda gli interventi sugli edifici scolastici e sulla salvaguardia del territorio, non è infatti per noi plausibile rispettare una norma di bilancio in deroga al rispetto delle norme sulla sicurezza. Discontinuità necessaria anche sulle politiche del lavoro con particolare riferimento alle lavoratrici ed ai lavoratori dei servizi esternalizzati e quindi, anche in questo caso, la disapplicazione delle norme introdotte dal Jobs Act.

Qual è la vostra visione di Pisa? Cosa mettereste ai primi punti di un programma? Simbolicamente direi la demolizione delle “torri di Bulgarella”, concretamente credo che Pisa per le sue grandi opportunità potrebbe diventare un cantiere di sperimentazione per nuove pratiche di economia solidale, di rigenerazione e recupero urbano che pongano al centro i bisogni, a partire dal diritto al lavoro, all’abitare e alla cittadinanza per tutte e tutti, e la qualità della vita delle persone; un cantiere in cui sperimentare forme di contrapposizione alle logiche di mercato ed alla deriva individualista. Detto così potrebbe sembrare un programma vago e fumoso, ma vi assicuro che con tante realtà della città e del territorio stiamo seriamente analizzando proposte e opportunità con l’ambizione di un lavoro collettivo per costituire una sinistra capace di ritornare a fabbricare speranze.

Ultima domanda: cosa ne pensate del progetto di comune unico dell’area pisana? Può controbilanciare il peso crescente di Firenze? A mio avviso il vero rischio è quello di strumentalizzare la competitività tra territori per nascondere invece una vera e propria emergenza democratica. A forza di ridurre e contrarre la rappresentanza politica e territoriale stiamo scivolando in una fase di post-democrazia di stampo oligarchico in cui anche la semplice funzione di controllo può diventare impraticabile. Continuare a percorrere una logica di competizione ratificherà definitivamente il concetto intollerabile per il quale il sottoscritto, abitando a Pisa, avrà un’importanza e opportunità maggiori del cittadino di Monteverdi o di Larderello! Per questo ci siamo opposti alle fusioni dei Comuni e abbiamo contrastato la deprimente riforma delle province, per questo riteniamo che sia invece necessario rilanciare una proposta di cooperazione dei territori.

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