Pisa: il Comune degli affidamenti diretti per i lavori pubblici e delle varianti in corso d’opera non motivate
A cura di
Rifondazione Comunista Pisa
Una città in comune
Negli scorsi giorni è stata prodotta la Relazione del Segretario Generale sui “Controlli di regolarità amministrativa 2015”. Un corposo documento da cui anche quest’anno emerge una fotografia particolarmente critica del modello di governo di questa amministrazione, evidente già nelle relazioni del 2013 e del 2014.
In particolare dalla sezione “altri controlli” riguardante l’affidamento di lavori nel quadriennio 2011-2014, emergono profili tanto preoccupanti quanto esemplificativi del modo di governare di questa amministrazione in tutti questi anni.
Dall’analisi degli atti, infatti, emerge: 1) “un ricorso a procedure “veloci” che non sempre garantiscono adeguata pubblicità”, visto che viene utilizzato come “prevalente modalità di scelta del contraente l’affidamento diretto. L’utilizzo ripetuto di procedure negoziate e affidamenti diretti rischia di non assicurare il rispetto del principio di trasparenza e può essere indice di una programmazione degli interventi poco sistematica ed organica, soprattutto per quanto riguarda la manutenzione degli edifici”; 2)” il frequente ricorso a ditte già conosciute e con sede sul territorio. (…) Il non soddisfacente grado di rotazione degli operatori economici in alcuni settori, letto congiuntamente all’elevato indice di regionalizzazione, comporta il rischio, soprattutto per lavori di manutenzione edile ed impiantistica di importo ridotto, di un restringimento del mercato a un numero di soggetti limitati, che possono porsi in un rapporto preferenziale con l’amministrazione”.
Il frequente ricorso all’affidamento diretto o alla procedura senza bando, con scarsissima rotazione dei soggetti economici, assume, quindi, i connotati di una patologia cronica nel modo di amministrare la cosa pubblica nel Comune di Pisa. Si legge nella Relazione rispetto al 2015: “si riscontra un ricorso intensivo all’affidamento diretto (14 provvedimenti su 17, includendo le varianti in corso d’opera), e un ricorso residuale a procedure di gara a ridotta evidenza pubblica (1 un acquisto in economia e 2 procedure negoziate con gara ufficiosa). Spesso i lavori sono affidati ad appaltatori che già stanno lavorando per l’Amministrazione”. Tutto ciò, si legge ancora nel documento: “non garantisce la massima trasparenza e non assicura un adeguato livello di pubblicità e il confronto competitivo tra concorrenti”.
L’altra faccia di questa medaglia come si legge bene nel documento è quindi una programmazione delle attività e degli interventi “poco sistematica e organica”, come confermato sia da questa molteplicità di affidamenti di lavori sia di acquisti di beni e servizi di importo di poco inferiori ai limiti di legge e dei regolamenti comunali
Connesso a questo è il fenomeno del “ricorso frequente a varianti in corso d’opera” ch,e si legge nel documento, “risultano carenti in ordine alla sussistenza dei presupposti che le legittimano”. In particolare vengono messi in evidenza rilievi tanto significativi quanto preoccupanti: 1) incompleta istruttoria sull’ammissibilità della variante; 2) assenza della Relazione del Responsabile Unico del Procedimento; 3) presenza di illogicità e contraddizioni; 4)”insufficiente motivazione in merito alla necessità di ricorrere alla variante”, (…)“negli atti analizzati si fa sommario e generico riferimento ad eventi inerenti la specificità dei beni o rinvenimenti imprevisti e imprevedibili nella fase progettuale, ma le circostanze impreviste e imprevedibili sono individuate solo in parte e quasi sempre non risulta chiara la loro natura imprevedibile rispetto al momento della redazione del progetto iniziale”.
A questo si aggiunge che queste modalità si ripetono anche per il conferimento degli incarichi professionali specie, anche in questo caso, nel settore dei lavori pubblici per servizi di ingegneria e architettura . Dalla Relazione emerge, infatti, che nessuno dei controlli effettuati ha avuto un esito pienamente positivo. Le criticità sono dovute alla questione fondamentale ovvero: “’individuazione e esplicazione poco chiara dei criteri di scelta dell’incaricato”.
In sintesi la Relazione del Segretario generale rileva fortissime criticità nella gestione della cosa pubblica all’interno del Comune di Pisa, in particolare nel modo con cui sono assegnati decine di milioni di euro per i lavori pubblici soprattutto su 3 versanti: 1) la trasparenza; 2) il grado di rotazione dei soggetti economici; 3) la mancata programmazione negli interventi.
Il documento traduce in chiaro i rilievi più generali emersi recentemente nell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti: i soldi ci sono, ma sono spesi male e, aggiungiamo noi, con una evidente discrezionalità da parte della giunta. E come è stato sostenuto dalla stessa Corte dall’Autorità anticorruzione, le pratiche evidenziate determinano quella diffusa opacità nella spesa pubblica che è potenziale fonte di sprechi, di incremento della tassazione e del debito, ma anche fonte di tagli alla qualità ed alla quantità dei servizi.