La politica delle ordinanze è fallita: servono politiche sociali e per la vivibilità

immagine-1Per chiedere il ritiro dell’ordinanza anti-prostituzione in vigore a Pisa, Vecchiano e San Giuliano, numerose associazioni hanno indetto giovedì scorso un presidio, conclusosi in Consiglio Comunale: una presenza irriverente e provocatoria, che ha voluto mettere in risalto gli elementi più grotteschi dell’ordinanza, ma che non intendeva certo deridere o attaccare l’istituzione in quanto tale. La scelta di interrompere la seduta è stata assunta in piena autonomia dalla Presidente del Consiglio, che avrebbe potuto perfettamente chiedere una sospensione e promuovere nel frattempo, come fatto altre volte, un incontro tra i manifestanti, i capi-gruppo e la giunta. Evidentemente, si è preferito coprire i contenuti della protesta con una polemica sulle sue forme.

Invece di insistere nel denunciare i manifestanti, l’arco politico che va dal PD al PDL dovrebbe prendere atto che le ordinanze sul ‘decoro’ e sulla sicurezza urbana, utilizzate da anni per gestire problemi complessi di natura sociale come la prostituzione, sono fallite. Le associazioni che rappresentano e tutelano le lavoratrici del sesso hanno dimostrato che le misure emergenziali e punitive sono inutili e dannose. Provvedimenti a tempo, multe per i clienti e per le lavoratrici, identificazioni tramite riferimenti all’abbigliamento o all’atteggiamento intrisi di moralismo: niente di tutto questo blocca lo sfruttamento o la riduzione in schiavitù, anzi. Spingendo le persone nell’ombra, le ordinanze peggiorano le condizioni di vita e aumentano la dipendenza delle prostitute da chi le controlla.

L’intenzione di mettere a disposizione i ricavi delle multe per il ‘recupero’ delle prostitute, annunciata dal sindaco di Pisa, suona come un tentativo a posteriori di colorare socialmente un provvedimento di fatto repressivo. Questo progressismo di facciata non regge alla prova dei tagli operati di fatto, dal 2009 ad oggi, alle politiche del Comune di Pisa per la marginalità sociale, inclusi i progetti di assistenza socio-sanitaria e di contrasto allo sfruttamento della prostituzione. A chi poi giustifica l’ordinanza come risposta al degrado di alcune zone della città, chiediamo: se la giunta vuole agire sulla vivibilità, perché continua ad investire col contagocce nelle periferie, rimandando la realizzazione di maggiori e migliori servizi, aree verdi attrezzate, spazi aggregativi, vie scorrevoli e non dissestate, piazze illuminate? Si dirà che mancano le risorse. Noi temiamo sia una questione di priorità: l’amministrazione di Pisa ha una propensione ad agire sul piano della repressione invece che dell’inclusione, così come tende a investire risorse sul centro storico turistico invece che sugli altri quartieri della città.

E però, il problema più urgente del territorio sembra essere quello della prostituzione in strada. Tanto che una consigliera del PD si è rammaricata che il disegno di legge Carfagna non sia stato approvato. Sarà lieta di saperlo l’onorevole Livia Turco, dirigente nazionale del suo partito, che così si era espressa a suo tempo: “Il disegno di legge Carfagna è uno scempio, perché vuole colpire la prostituzione in strada, cioè le donne sfruttate, e lasciare libero campo alla prostituzione nelle case. Per fortuna si è perso nei meandri del Parlamento. Credo che ne abbiano vergogna pure i promotori. La repressione non serve, bisogna applicare quella norma che dà il permesso di soggiorno a chi vuole uscire dalla tratta e che garantisce un percorso di inserimento. Servono servizi, un numero verde, risorse i Comuni. E bisogna ascoltare le proposte che vengono dalle associazioni”. Per riaprire a Pisa simili percorsi di buon senso e civiltà, cosa dobbiamo aspettare? Che Livia Turco si candidi alle primarie? Darebbe sicuramente voce ai tanti che, ai vertici e nella base del PD, non approvano le ordinanze del sindaco.

Federico Oliveri
coordinatore cittadino PRC PISA

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