Masso delle Fanciulle: ingiustificato il progetto di ricerca che ha l’obbiettivo di ottenere “certificati verdi”

A cura di

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Partito della Rifondazione Comunista

Circoli dell’Alta Val di Cecina

Federazione di Pisa

Nelle viscere della terra di una vasta area a cavallo tra le province di Sioena,  Pisa e Grosseto, con al centro Larderello, si sono formati bacini acquiferi che a contatto con le rocce vulcaniche incandescenti formano vapore acqueo. La conformazione geologica ha fatto sì il vapore rimanga intrappolato fra le rocce. Perforando questi bacini, posti a profondità non elevatissime, fuoriesce vapore avente una temperatura di circa 220 gradi e una pressione di 5 atmosfere, i “soffioni”.

Nel tempo si sono scavati sempre più pozzi, fino a generare circa un quarto dell’energia elettrica prodotta in Toscana. In particolare, con la nazionalizzazione dell’energia elettrica degli anni 60, si è insediata nella zona l’Enel la quale ha costruito centrali che prelevano direttamente il vapore dal suolo e lo convogliano in turbine collegate ad alternatori.

Anche i fluidi a temperature inferiori a quelle necessarie alla produzione elettrica sono utilizzati per altri scopi, principalmente teleriscaldamento, ormai presente in quasi tutti i nuclei abitati dei comuni di Pomarance e Castelnuovo.

La produzione geotermoelettrica ha segnato paesaggio e la vita degli uomini che vi risiedono. Si tratta della principale attività industriale della zona, capace di trainare anche un notevole indotto e la principale fonte di occupazione, mentre il riscaldamento degli edifici è a costo irrisorio.

Questa produzione, come tutte le produzioni elettriche, anche le più “pulite”, ha un impatto. Se si escludono i danni alla salute causate da tubazioni in cui era presente l’amianto, ora dismesse, i principali impatti sono quello visivo, che però è diventato una caratteristica singolare del paesaggio, e l’emissione in atmosfera delle sostanze miscelate in modeste percentuali al vapore acqueo, non pericolose per la salute, anche se percettibili all’olfatto. Gli impatti ridotti – senza dubbio enormemente inferiori a quelli delle centrali a carbone, a petrolio e a metano – e l’abbondanza delle rocce vulcaniche disponibili giustificano la classificazione di questa fonte energetica come rinnovabile e quindi suscettibile di attingere ai relativi finanziamenti.

Nel tempo l’area geotermica si è estesa fino a coinvolgere comuni limitrofi. Quando la produzione ha raggiunto il Monte Amiata, sono iniziati i primi problemi. I minerali presenti nel vapore erano molto più consistenti e conseguentemente le emissioni in atmosfera meno sopportabili, le tecnologie utilizzate non adatte al contesto, l’impatto visivo una novità che male si inseriva in un territorio a diversa vocazione. Sono spuntati quindi, legittimamente, i comitati alla difesa dell’ambiente e della salute. In alcuni casi però l’ossessione ambientalista, in cui si sono inseriti anche gli interessi dei proprietari terrieri, ha condotto a non limitare le contestazioni alle errate realizzazioni concrete, ma alla geotermia tout court.

Con la privatizzazione dell’industria elettrica e la cessazione del monopolio Enel, altri soggetti si sono fatti avanti nel territorio, alla ricerca dei benefici finanziari previsti per la ricerca di energie rinnovabili più che con proposte progettuali inidonee all’utilizzo efficace della risorsa. In particolare, in aree già massicciamente perforate in cui era già stata esclusa la possibilità di perforazioni da parte dell’Enel, come quella limitrofa a Montecastelli, si sono fatte proposte di nuove perforazioni geotermiche da parte di altri soggetti per impiantarvi processi tecnologici di assai dubbia plausibilità. La nostra contrarietà nei confronti di questi progetti non ha niente a che vedere con un ambientalismo guardone o schifato dai puzzi dei soffioni.

Un ragionamento non molto diverso vale per il progetto che riguarda un’area limitrofa al Masso delle Fanciulle, nei pressi della sponda sinistra del fiume Cecina, un’oasi verde incontaminata immediatamente a monte dei pozzi di approvvigionamento idrico dei comuni di Volterra e Pomarance. Si trova molto a nord del Capoluogo di Pomarance, quando è noto che solo a Sud di quell’abitato sono stati rilevati giacimenti suscettibili di sfruttamento. La società che ha richiesto la concessione, la Gesto Italia S.r.l., intende effettuare due perforazioni fino alla profondità di circa 2 chilometri e mezzo, per estrarvi fluidi presumibilmente non idonei alla produzione di energia. Il sospetto che il progetto di ricerca abbia lo scopo di ottenere “certificati verdi” è quindi giustificato.

La Regione Toscana aveva già in precedenza autorizzato questa ricerca per gli aspetti che non richiedevano la Valutazione di Impatto Ambientale (Via). Il 19 ottobre scorso ha invece deliberato la concessione in toto, nonostante il parere contrario della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici di Pisa e Livorno. È interessante leggere le motivazioni con cui si controdeduce a questo parere e quindi si agisce in sua difformità:

“il parere non mette in evidenza gli elementi di valore paesaggistico dell’area in cui è prevista la realizzazione dell’intervento e, soprattutto, non indica gli eventuali, potenziali impatti negativi che le opere in oggetto determinerebbero sugli stessi; non fornisce alcuna indicazione utile a superare eventualmente il parere negativo espresso”.

Quindi l’escamotage è stato quello di dire che il parere è immotivato, come se i pareri di pertinenza della Soprintendenza potessero essere disattesi dalla sulla base di considerazioni della Regione sulla bontà delle relative motivazioni. In aggiunta si sostiene che avrebbe dovuto essere la Soprintendenza, e non chi ha presentato il progetto o chi lo intende autorizzare, a indicare i mezzi per superare l’impatto negativo. In assenza di tale indicazione, il parere negativo non conta!

L’altra controdeduzione della Regione, contro l’obiezione che i sondaggi si farebbero in area distante dal campo geotermico tradizionale, è che non si deve porre “un limite alla ricerca e, di conseguenza, al potenziale sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili in contrasto con la giurisprudenza ormai consolidata”.

Insomma, sull’altare della speculazione economica, non certo del risparmio energetico, si piegano tutti gli altri primari interessi collettivi.

I cittadini del territorio non si stupiscono di questa piaggeria. Già in passato, nonostante un forte movimento popolare contrario e ben due sentenze del Tar che annullavano sue delibere la Regione, d’accordo con altre amministrazioni locali a targa PD, tirava dritto, accogliendo soluzioni fasulle proposte dalla richiedente multinazionale Solvay e le permetteva così di prosciugare le risorse idriche, di rapinare a ritmi insostenibili il salgemma, di avvelenare fiumi e mare, di provocare gravi dissesti geologici, con risibili ricadute economiche e pressoché nulli risvolti occupazionali nei territori scippati. Oppure ha fatto passare, senza rilevare alcunché, il piano urbanistico di Volterra che prevede, anche in difformità a norme regionali, molte centinaia di nuove costruzioni in presenza di una popolazione in forte diminuzione da molti decenni e di un enorme patrimonio edilizio esistente inutilizzato.

Giorni fa la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma, dopo note vicende, abbia, in spregio alla Costituzione, ha minacciato azioni disciplinari contro i dipendenti che rivelassero alla stampa informazioni non filtrate dai canali ufficiali.

La logica che si va affermando, sull’onda dei decreti Salva Italia e Sblocca Italia, è quella di mettere il bavaglio a chi deve tutelare il nostro patrimonio e lasciare via libera alla speculazione.

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