No al piano di esternalizzazione dei servizi dell’Amministrazione di Pisa

A cura di

giuntapisaRifondazione Comunista Pisa

Una città in comune


La delibera della giunta comunale di Pisa approvata lo scorso 2 febbraio e avente per oggetto la presunta riorganizzazione dei servizi comunali, in realtà sottintende l’applicazione pedissequa del concetto liberista del governo Renzi in tema di pubblico impiego. Con questo atto la giunta Filippeschi proverà a realizzare massicce esternalizzazioni giustificate dalla applicazione della legge di stabilità che limita ulteriormente la possibilità di reintegro dei dipendenti che vanno in quiescenza. Non si conoscono ancora quali settori saranno oggetto delle esternalizzazioni. Dagli asili nidi alle strutture sportive, dalla gestione della biblioteca comunale a qualsiasi altro settore, per i cittadini il principale effetto sarà un peggioramento dei servizi, scaricando al contempo i costi sulle lavoratrici e sui lavoratori delle società private alle quali saranno trasferiti i servizi, costi sia in termini di riduzione dei salari che di limitazione dei diritti, con un’ulteriore divisione tra lavoratori di serie A e di serie B i quali, pur impiegati negli stessi lavori e con le medesime mansioni, riceveranno salari e diritti diversificati. Non dimentichiamoci, infatti che siamo nella stagione del jobs act. Non solo, è quanto mai prevedibile il consueto e progressivo distacco dalle caratteristiche di prossimità e quindi di responsabilità verso gli utenti, i cittadini, e l’altrettanto progressiva riduzione della qualità dei servizi, con una continua dismissione della responsabilità del settore pubblico nei servizi di utilità e di interesse collettivo (beni comuni).

Il tutto suona ancora una volta come l’ennesimo attacco al pubblico impiego. Un attacco del tutto ideologico perché assolutamente non suffragato da conclamate evidenze di risparmi effettivi. Anzi, tra esternalizzazioni, ricorsi sistematici alla pratica delle consulenze, affidamenti opachi, la spesa pubblica, nonostante i reiterati tagli al personale e il blocco dei salari, continua ad aumentare secondo una diffusa inefficienza che è stata sottolineata nei giorni scorsi anche dal Presidente della Corte dei Conti. E non è un caso che la stessa Corte dei Conti abbia denunciato che siamo giunti ormai a operazioni “di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività”, intervenendo con un linguaggio quanto mai esplicito a denunciare la gravità dell’attacco messo in campo dal governo al welfare e alla funzione pubblica in quanto tale.

Ma i dati non tornano nemmeno rispetto alla presunta insostenibilità dei costi del personale pubblico: Il numero delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici è nettamente inferiore a quello dei principali paesi europei. Nel 2013 l’Italia aveva 5,5 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti contro gli 8,5 della Francia, gli 8,3 della Gran Bretagna, i 5,6 della Germania, per non parlare della Svezia con i suoi 13,5 dipendenti ogni 100 abitanti. Il blocco della contrattazione che dura ormai da 6 anni ha comportato una perdita della retribuzione media di circa 600 euro nel 2014 rispetto a quella del 2011. In alcuni comparti in cui le retribuzioni sono tra le più basse, come quello delle Regioni ed Autonomie Locali, la perdita raggiunge i 652 euro. Le lavoratrici e i lavoratori pubblici costano ai cittadini italiani meno della media europea e molto meno che nei principali paesi europei. Nel 2015 la spesa procapite annua per le lavoratrici e i lavoratori pubblici in Italia è più bassa di 217 euro della media dell’Europa a 28.

I dati, tutti di fonte governativa, confermano ancora una volta che siamo di fronte a provvedimenti di carattere ideologico che sottintendono la volontà pervicace di demolire il settore pubblico a favore di quello privato, facendo gravare sui cittadini i costi dei servizi e i profitti da garantire alle imprese. E’ una storia vecchia che ricorda gli anni peggiori delle politiche iperliberiste e di destra di Margaret Thatcher. E Pisa si allinea!

Come abbiamo sostenuto nel nostro programma elettorale, in cui sottolineavamo la «valenza etica del servizio pubblico»: lo ripetiamo anche oggi: occorre muoversi in controtendenza rispetto a questi processi di precarizzazione e svalutazione del lavoro che è una delle cause più feroci nell’impoverimento della nostra società.

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