Guidotti-Menarini, PRC PISA: “No ai ricatti. Sì ad un tavolo sul futuro del settore”

Lo stabilimento Menarini

Lo stabilimento Menarini

“Secondo i vertici della multinazionale farmaceutica Menarini – ricorda Federico Oliveri, coordinatore cittadino di Rifondazione Comunista – i mille esuberi annunciati nelle aziende italiane, tra cui la Guidotti di Pisa, deriverebbero dalla possibile ricaduta sulle vendite del provvedimento governativo che introduce un nuovo metodo di prescrizione dei farmaci da parte dei medici”. “I medici – continua Oliveri – saranno obbligati ad indicare sulla ricetta il nome del principio attivo, comunemente definito farmaco generico, anziché la denominazione commerciale adottata dall’azienda produttrice. In tempi di crisi è intollerabile che l’azienda utilizzi questo argomento per minacciare i lavoratori e le lavoratrici di perdere il proprio posto di lavoro. Siamo con loro e, nei prossimi giorni, saremo davanti allo stabilimento di via Livornese per incontrarli e metterci a loro disposizione, con l’obiettivo di salvaguardare l’occupazione”.

“La vicenda presenta molti aspetti sconcertanti, a cominciare dal metodo – afferma Guido Cerbai, del Circolo PRC di Porta a Mare, La Vettola, CEP, per tanti anni dipendente della Guidotti. “Secondo una prassi usuale, la Menarini prima ancora di fornire dati reali sulla situazione produttiva ed aprire una trattativa sulle motivazioni delle proprie scelte, ricorre al ricatto occupazionale. Il provvedimento contestato – spiega Cerbai – è stato adottato dal governo nel quadro dei provvedimenti per contenere la spesa sanitaria, e mira ad adeguare il sistema farmaceutico italiano alle condizioni già in vigore nei principali paesi europei. Il problema è che i farmaci sono ormai considerati merci, e non beni sociali, e che il settore farmaceutico italiano è strutturalmente arretrato. Caratterizzato da sprechi e profitti elevati, non giustificati rispetto agli scarsi investimenti in ricerca scientifica e innovazione tecnologica, il settore del farmaco è dominato dalla logica della commercializzazione, come dimostra la preponderanza anche nella Menarini Italia degli addetti all’informazione rispetto a quelli dei settori produttivi e della ricerca. Questa situazione è nota da tempo, ma né questo governo, né i precedenti sono finora mai intervenuti, se non per assecondarla”.

“A pagare il costo di questa arretratezza – concludono gli esponenti di Rifondazione Comunista – oltre ai cittadini ed ai malati, non possono certo essere i lavoratori e le lavoratrici della Menarini, chiamati in causa strumentalmente dall’azienda per rinegoziare la norma sulla prescrizione. Per questo, in attesa dell’incontro convocato tra le parti in Regione, chiediamo venga aperto un vero tavolo di confronto. Vanno affrontati con decisione e senza ricatti occupazionali i nodi del problema, legati all’assenza di un piano industriale sostenibile nel settore farmaceutico”.

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